Negli ultimi anni il concetto di sviluppo sostenibile è sempre più centrale nei dibattiti internazionali di ogni campo, e in particolar modo in Europa è crescente l’attenzione da parte delle aziende nei confronti degli impatti ambientali e sociali che le loro attività possono generare.

Il consumo sostenibile è in forte crescita e si sta verificando un duplice cambiamento: da una parte mutano le abitudini dei consumatori nei processi di acquisto, con segmenti di mercato sempre più sensibili alla green economy, dall’altra le attività delle aziende sono sempre più orientate verso processi di sostenibilità. Per i segmenti di mercato emergenti, come i c.d. true believers (passionate of staying fit and healthy) o gli enlighted enviromentalists (passionate about the environment), individuati e monitorati da nuove ricerche di mercato come la statunitense FTSE Russell, cambia il  processo di acquisto e l’acquirente seleziona attentamente solo prodotti “sostenibili” attribuendo  a tale aspetto un vero e proprio Brand value, in modo da contribuire, attraverso i propri acquisti, al perseguimento di un futuro migliore. I consumatori valutano con attenzione l’impegno effettivo delle aziende su tali temi boicottando invece quelle che fanno solo greenwashing, ecologismo di facciata.

Questo perché il mercato dei consumatori e quello delle aziende è consapevole che viviamo in un mondo che si trasforma esponenzialmente e che è per definizione un sistema chiuso per materia e aperto per energia; ciò richiede un tempestivo mutamento del paradigma tradizionale. Le prime aziende che lo hanno capito sono virtuose e al tempo stesso efficaci nel business: da Geox che riutilizza gli scarti di lavorazione per ridurre l’impatto ambientale a Patagonia che fa uso di materiali esclusivamente ecosostenibili, l’attenzione alla sostenibilità è sempre più viva, ed aumenta il numero di aziende che scelgono di operare in maniera sostenibile, e in alcuni casi di trasformarsi in Società Benefit, integrando nello statuto anche obiettivi di beneficio per tutti gli stakeholders, o conseguire la certificazione B Corp, rilasciata dall’ente no profit B Lab.

Anche l’Unione Europa si sta impegnando per garantire un futuro più sostenibile attraverso un’ambiziosa politica climatica. L’obiettivo europeo è ridurre le emissioni di gas serra del 40% entro il 2030 e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Alcune aziende sono addirittura più ambiziose: è il caso di Patagonia che ha annunciato di voler raggiungere la neutralità carbonica nel 2025 o di Facebook, Apple e Illy che intendono perseguire lo stesso obiettivo nel 2030.

Il caso Patagonia

Patagonia, brand di abbigliamento e attrezzatura leader nel segmento outdoor fondato da Yvon Chouinard nel 1973, è una delle aziende maggiormente conosciute per l’impegno assunto nei confronti della sostenibilità, con un focus particolare sull’aspetto ambientale. Nel 2011 Patagonia decide di intraprendere il percorso per la trasformazione in B Corp certificata e ottiene la certificazione con un punteggio del B Impact Assessment pari a 107,3. Grazie all’impegno del marchio nell’implementate di iniziative per un futuro migliore, il punteggio del BIA corrisponde oggi a 151.4 punti, molto più alto rispetto alla media delle aziende che utilizzano lo strumento come misura di autovalutazione, pari a 50.9 punti.

Patagonia contribuisce al cambiamento attraverso lo sviluppo di una serie di programmi di responsabilità ambientale e sociale. È attenta alla promozione del benessere degli animali, utilizza materiali riciclati nel 72% delle collezioni, usa piuma 100% tracciabile e la totalità del cotone che produce per le proprie collezioni è coltivato biologicamente.

Per la stagione Autunno 2020 il marchio ha ridotto le emissioni di CO2 del 18%, corrispondenti a 1500 tonnellate di CO2 in meno emesse nell’aria, grazie all’impiego di una percentuale di nylon riciclato del 67% sul totale del tessuto in nylon utilizzato.

Alla responsabilità ambientale si affianca quella sociale: l’azienda gestisce gli impatti che la sua produzione ha sulla comunità dei lavoratori, consapevole che i dipendenti appartenenti all’industria dell’abbigliamento sono quelli con salari più bassi e condizioni lavorative meno sicure.

Grazie all’investimento nel programma Fair Trade, 66.000 dipendenti lavorano in stabilimenti certificati Fair Trade che garantiscono condizioni di lavoro sicure e un salario minimo adeguato. La collaborazione di Patagonia con Fair Trade Usa nasce nel 2014 e assicura nei propri luoghi di lavoro il rispetto delle normative ambientali, degli standard per la salute e la sicurezza, e l’assenza di lavoro forzato e minorile. L’aiuto dell’organizzazione no profit statunitense è fondamentale per l’azienda che non possiede la proprietà della totalità degli stabilimenti in cui avviene il processo produttivo, e questo comporta un controllo limitato su condizioni lavorative e salariali. Oggi Patagonia è il marchio di abbigliamento che vende il numero maggiore di articoli con cuciture certificate Fair Trade.

Inoltre, si impegna ad attribuire per ogni articolo contrassegnato dall’etichetta Fair Trade Certified™ un compenso extra versato direttamente su un conto controllato dai lavoratori che decidono autonomamente come spenderlo. In passato il compenso è stato usato come investimento in progetti per la comunità, acquisto di prodotti alimentari, programmi sanitari o per l’infanzia.

Entro il 2025 il 100% della produzione di articoli di abbigliamento sarà realizzato in stabilimenti che garantiscono ai dipendenti uno stipendio di sussistenza ed entro il 2030 la totalità del cotone e della fibra di canapa della loro linea otterrà la certificazione di Agricoltura Organica Rigenerativa.

Il caso Danone

Danone, multinazionale francese di prodotti alimentari, è tra le aziende che nel 2020 hanno ottenuto la certificazione B Corp trasformandosi ufficialmente in B Corp certificata e si aggiunge alle migliaia di B Corp operanti in 50 settori e in oltre 70 Paesi, più di 100 delle quali collocate nel territorio italiano. Nell’annuncio di ottenimento della certificazione B Corp, Fabrizio Gavelli, CEO Di Danone Specialized Nutrition South Europe e amministratore delegato di Mellin e Nutricia Italia, spiega perché è importante agire per un futuro sostenibile: «La società attuale è scossa da cambiamenti economici, sociali e ambientali che ci invitano a ripensare il modo di vivere e di fare impresa. Il primo passo verso questo cambiamento spetta alle aziende proprio perché il loro operato può avere un impatto importante sulla vita delle persone e sull’ambiente. Auspichiamo che in Italia altre realtà come la nostra possano abbracciare il movimento B Corp e dare una svolta significativa verso un modello economico-sociale rigenerativo, più inclusivo, sostenibile e solidale».

L’azienda si era già attivata per un futuro sostenibile con il programma One Planet. One Health concentrandosi su quattro fronti ben distinti: combattimento del cambiamento climatico, protezione del ciclo dell’acqua, costruzione dell’economia circolare degli imballaggi e sviluppo e promozione dell’agricoltura. Emmanuel Faber, amministratore delegato di Danone dal 2014 al 2021 ha descritto “One Planet. One Health” come un “appello a tutti affinché si uniscano a questa rivoluzione alimentare. E noi puntiamo a fare di questa rivoluzione una realtà per quante più persone possibile, in tutto il mondo”. Il Brand promuove la salute attraverso prodotti nutrizionalmente equilibrati e all’avanguardia e iniziative finalizzate alla diffusione di uno stile di vita sano.

Tornando ai quattro temi di sostenibilità su cui si focalizza Danone, l’impresa fornisce il suo contributo alla lotta al cambiamento climatico ponendosi l’obiettivo di zero emissioni nette di carbonio nell’intera catena del valore entro il 2050. La multinazionale sceglie giornalmente ingredienti sostenibili sia per i propri prodotti sia per gli imballaggi, adotta pratiche agricole che tutelano il territorio, gestisce le risorse idriche evitando gli sprechi, crea una seconda vita per tutte le plastiche, riduce i rifiuti alimentari, promuove la mobilità green del proprio personale e dona alberi alle città italiane.

Prendendo spunto da questi casi di aziende virtuose, entrambe diventate benefit e certificate B corp, vale la pena ricordare che impegno hanno assunto.

Essere Società Benefit significa stabilire nel proprio statuto l’impegno a perseguire oltre al comune obiettivo di profitto, uno o più obiettivi di beneficio comune, svolgendo un’attività che possa generare benessere ad ambiente e persone. È il risultato di una serie di movimenti nazionali e globali che si sono diffusi velocemente nell’ultimo decennio e che promuovono l’integrazione della dimensione sociale e ambientale nel business aziendale.

La nuova forma giuridica Società Benefit è stata introdotta in Italia nel 2016 ed è oggi scelta da un numero sempre più elevato di realtà, consapevoli che la creazione di beneficio comune, fine ultimo del nuovo paradigma imprenditoriale, e massimizzazione del profitto siano due obiettivi perfettamente interconnessi tra loro. Per beneficio comune si intende la produzione di effetti positivi o la riduzione di quelli negativi nei confronti delle persone e del territorio in cui l’azienda opera. Il beneficio comune deve dunque potersi catalogare come reale, idealmente connesso al core business aziendale e deve rispondere ai bisogni della realtà in cui la Società opera.

Essere certificate B Corp vuol dire scegliere di perseguire contemporaneamente obiettivi di profitto e di carattere sociale e ambientale, impegnandosi nella massimizzazione del proprio impatto positivo sull’ambiente, la comunità, i dipendenti e tutti gli stakeholders. Le B Corp certificate si distinguono dalle Società Benefit per l’ottenimento di una certificazione rilasciata dall’ente terzo no profit B Lab che verifica e attesta l’impegno assunto dall’azienda. Requisito per l’ottenimento della certificazione B Corp è il raggiungimento di un punteggio minimo di 80 punti del B Impact Assessment, strumento che consente di misurare a 360° in maniera rigorosa tutti gli impatti economici, ambientali e socialidell’azienda. La valutazione avviene attraverso l’esplorazione di cinque aree di miglioramento: Governance, Lavoratori, Comunità, Ambiente e Clienti. Le aziende che si certificano B Corp devono rinnovare la certificazione ogni tre anni e in alcuni paesi, tra cui l’Italia, hanno l’obbligo di diventare Società Benefit entro tre anni dalla certificazione B Corp.