In cosa differisce la comunicazione internazionale da quella di marketing effettuata dall’azienda nel suo mercato nazionale? 

La comunicazione di marketing riguarda la relazione con i pubblici esterni – per di più consumatori e stakeholder – a fini tendenzialmente commerciali, attraverso la gestione dei rapportila creazione e il mantenimento di fiducia e la creazione e diffusione di valore

La comunicazione di marketing comunica quale valore genera l’impresa attraverso la sua offerta, esplicita l’identità dell’impresa e crea delle relazioni che si basano sulla fiducia e sulla cooperazione, generando nei consumatori loyalty, quindi un sentimento di lealtà e fiducia verso il brand che ha una relazione diretta con la soddisfazione delle sue aspettative. 

La comunicazione di marketing ha perciò obiettivi di tipo cognitivo, affettivo e comportamentale. A livello cognitivo avremo obiettivi come la notorietà del brand, a livello affettivo la creazione di atteggiamenti, preferenze e aspettative, e infine a livello comportamentale l’influenza sull’intenzione di acquisto o su comportamenti come la visita al negozio.

Gli obiettivi perseguiti dalla comunicazione di marketing possono essere applicati sia al mercato nazionale che internazionale.

Tanti sono i c.d. canali o strumenti di comunicazione. Il mix di comunicazione implica la coerenza e sinergia tra tutti questi: dal brand, al packaging, all’advertising above e below the line, alle pubbliche relazioni, al product placement, ai social, al marketing virale etc…

 Per quanto riguarda la comunicazione internazionale, l’azienda può comunicare con modalità e messaggi standardizzati, validi cioè sia per il mercato nazionale che per quello internazionale, o contestualizzare sulla base del Paese di export. E questo vale su tutti i canali di comunicazione.

Specifichiamo che è probabile che gli obiettivi differiscano da Paese a Paese.

Per esempio, sul piano cognitivo, possiamo immaginare che l’impresa sia già nota nel proprio mercato nazionale e che invece possa essere necessario lavorare sull’awareness in un mercato in cui ancora non siamo conosciuti dai consumatori. Quindi la strategia di comunicazione dipende dalla fase del ciclo di vita il cui si trova il prodotto/brand nei diversi paesi. Magari è in fase di maturità nel mercato domestico e in fase di introduzione o sviluppo a livello globale, o in fasi diverse in ciascun paese estero.

Tuttavia bisogna considerare il fenomeno della globalizzazione ovvero la tendenza verso un unico mondo integrato e interdipendente: tale fenomeno guida il commercio internazionale ma è accelerato in gran parte dalla tecnologia dell’informazione, ed in particolare dallo sviluppo di piattaforme digitali, come i social, che impattano chiaramente le strategie di comunicazione. Tali piattaforme premettono l’accesso a tutte le forme di comunicazione e quindi rendono quest’ultima “globale” per definizione.

Quali sono gli elementi che l’azienda deve considerare in un piano di comunicazione internazionale?

Quando si entra in un nuovo mercato, normalmente si effettua un’analisi complessiva di scenario, secondo il modello PESTEL, ovvero si analizzano gli aspetti Politici, Economici, Sociali, Tecnologici, di enviromment ovvero Ambientali e Legali.

Ad esempio si devono analizzare aspetti legislativi perché nei diversi paesi ci sono norme diverse circa ad esempio le pubblicità comparative. Ma soprattutto si deve tener conto delle differenze culturali e linguistiche, e ancora le differenze relative al contesto economico-competitivo. Gli attributi distintivi evidenziati dalla comunicazione dell’impresa potrebbero infatti variare al variare del Paese, adattandosi in qualche modo ai valori della cultura locale, sia per quanto riguarda i contenuti che lo stile comunicativo.

Un altro elemento riguarda le barriere alla comunicazione interculturale, a loro volta suddivise in barriere relative alla comunicazione verbale e non verbale. Cosa intendiamo con ciò? Avremo una differenza nei meccanismi di codifica e decodifica dei messaggi, queste differenze saranno più marcate in Paesi culturalmente molto distanti, e meno marcate – e di conseguenza più facili da superare – in Paesi culturalmente affini, come per esempio i Paesi del Mediterraneo. La cultura è composta da aspetti tangibili (come la lingua) o intangibili (come la comunicazione non verbale, gli usi e le abitudini, gli atteggiamenti, la simbologia…).

Tra gli esempi di ‘worst practices’ nell’adattamento della comunicazione di marketing ai valori della cultura locale, ricordiamo il caso di Dolce e Gabbana che, nel 2018, nel tentativo di accostare la cultura italiana a quella cinese, ha lanciato nel mercato cinese spot in cui, attraverso una rappresentazione stereotipata del popolo cinese – una modella cinese mangiava cibi italiani come pizza, cannoli e spaghetti con le bacchette. La polemica generata ha avuto gravi conseguenze sulla reputazione del brand e anche in termini economici, con la cancellazione di una sfilata che si sarebbe dovuta tenere a Shangai pochi giorni dopo e l’hashtag virale #BoycottDolce e pensare che il mercato cinese rappresentava all’epoca il 30% delle revenues di D&G! I due stilisti hanno dovuto fare un video in mandarino, scusandosi per non aver capito anzi offeso la cultura cinese

Riguardo alla comunicazione verbale, la prima grande barriera riguarda la lingua. È possibile distinguere tra culture high context e low context. Nelle culture high context, le informazioni non vengono trasmesse solo dal linguaggio verbale ma anche dal contesto, ed è per questo che prevale una comunicazione che può essere indiretta e simbolica. Nelle culture low context – come quella americana – al contrario, prevalgono messaggi diretti ed espliciti, per questo motivo è più facile comunicare all’interno di culture low-context, in cui il legame con il contesto non è preponderante.

Riguardo alla comunicazione non verbale, invece, ci riferiamo a elementi come la mimica facciale, il modo di guardare l’altro, la gestualità e la prossemica: elementi questi che contribuiscono a “significare”, e cioè a dotare di significato, un messaggio e che per questo sono impiegati nelle tecniche di vendita, nella pubblicità, nei social media, insomma all’interno della comunicazione dell’impresa.

Proprio per queste ragioni, è frequente per le imprese del marketing internazionale ricorrere a delle figure ‘intermediarie’ della pubblicità, delle agenzie che si occupino di ideare il messaggio pubblicitario, definire il piano di comunicazione, gestire le relazioni con i centri media, le concessionarie e i veicoli di comunicazione. La scelta si orienta tendenzialmente su due alternative: collaborare con agenzie internazionali, di solito grandi aziende che dispongono di una rete di filiali o consociate in vari paesi del mondo, o collaborare con più agenzie locali. Una di queste scelte non esclude l’altra e anzi è tipico lo scenario in cui un’impresa adotta entrambe le soluzioni in un mix che sia confacente ai suoi obiettivi di marketing.

Inoltre, è fondamentale capire i diversi media su cui inviare i messaggi pubblicitari. Alcuni mezzi sono più forti in alcuni paesi (es. la radio in Italia, dove molta gente passa tempo in macchina), in alcuni altri ci sono media specifici. Basti pensare che in Cina il social media più conosciuto e diffuso non è Facebook ma Wechat.

L’azienda deve quindi decidere la strategia di standardizzazione o di adattamento delle varie leve del marketing mix, dal prodotto, al prezzo, alla distribuzione e anche e soprattutto alla comunicazione. Anzi possiamo dire che nel marketing internazionale, la comunicazione è quella che – tendenzialmente – ha il maggior grado di adattamento.

Rispetto, invece, all’alternativa tra strategie di standardizzazione e di contestualizzazione della comunicazione internazionale, quali sono le possibili scelte a disposizione dell’azienda?

Varie opzioni: 

  1. Product–Communication Extension (Dual Extension) ovvero standardizzazione sia del prodotto che della comunicazione. come nel caso dei beni industriali o di lusso 
  2. Product Extension–Communication Adaptation, ovvero standardizzazione del prodotto e adattamento della comunicazione. come nel caso di prodotti caratterizzati da benefici funzionali
  3. Product Adaptation–Communication Extension: ovvero adattamento del prodotto e standardizzazione della comunicazione come accade per molti istituti finanziari globali che commerciano un prodotto diverso per ogni paese, ma adottano una comunicazione integrata
  4. Product–Communication Adaptation (Dual Adaptation) ovvero adattamento di prodotto e comunicazione alle specificità locali che è il caso più tipico ad esempio nei prodotti Food, che vanno adattati ai gusti locali, alle abitudini di consumo etc…

In caso di standardizzazione, tutto resta uguale nel mercato nazionale e nel mercato internazionale. 

Quali i vantaggi di questa strategia? 

Un’immagine uniforme in più paesi, una minore complessità nella pianificazione e nella gestione delle attività di comunicazione che condividerebbero da paese a paese obiettivi e pratiche aziendali, la condivisione internazionale di know-how ed esperienze e il conseguimento di economie di scala nella pubblicità. Tra i contro, invece, l’essere considerati “stranieri” e subire quindi una percezione errata di minore qualità, la perdita dell’efficacia comunicativa per i motivi relativi alle barriere interculturali etc.

L’adattamento può anche essere parziale… Pensiamo a Starbucks che pur conservando lo stesso brand, logo etc… e mantenendo i core products nella gamma, adatta quest’ultima inserendo prodotti locali (es vari tipi di thè nei paesi asiatici, i dolci locali nei paesi europei…) e adatta la comunicazione (es. in Cina, dove c’è il c.d. rito del thè, inserisce nei punti vendita molti posti a sedere e comunica quel tipo di atmosfera, con testimonial asiatici).

Quali consigli darebbe ad un’impresa che volesse strutturare un piano di comunicazione in un mercato estero?

Sicuramente analizzare il contesto, ovvero tutti gli aspetti del metodo PESTEL e definire sia in quale stadio del ciclo di vita si trova l’azienda/il brand nel mercato estero analizzato. Definiti quindi gli obiettivi di marketing e comunicazione specifici in quel paese (awareness, brand image o sales/loyalty), predisporre un brief strutturato ad un’agenzia internazionale o locale di quel paese e tarare il piano media sulle specificità del consumo di mezzi che il target di clientela locale preferisce ed usa di più. Ovviamente “testare” prima con una ricerca di mercato l’efficacia del messaggio e il rispetto della cultura locale.

Ovviamente grazie ai social globali e alla rete, ogni forma di adattamento locale è in parte vanificato dal fatto che i consumatori, sempre più connessi, possono trovare i brand ed acquistare i prodotti sulle piattaforme globali, ottimizzando la propria esperienza. E magari diventando promoter o detractor di quel brand, a prescindere da ciò che vuole trasmettere l’azienda. Perché ricordiamoci che il brand è un mix tra ciò che l’azienda trasmette (a livello locale e globale) ovvero la c.d. “brand identity” e ciò che il consumatore percepisce e ritrasmette che si definisce la c.d. “brand image”!

Join Group accompagna le imprese nelle scelte strategiche e nell’implementazione dei piani conseguenti. Siamo quindi a disposizione per affiancarci alle aziende che volessero entrare in nuovi mercati o comunicare il proprio brand e la propria offerta a livello internazionale, per sviluppare un piano efficace, efficiente e distintivo.