Improvement Management vs Compensation&Benefit

17 Dicembre 2020
Improvement Management vs Compensation&Benefit

Visioni agili per le nuove generazioni in azienda

Il rapido cambiamento epocale della rivoluzione digitale degli ultimi anni non ha permesso a molte aziende di adattare strutture e processi abbastanza rapidamente per creare un volano di redditività sul lungo termine.

I modelli gestionali perlopiù utilizzati dal management sono stati ancorati ai concetti delle rivoluzioni industriali per cui funzionava piuttosto bene l’approccio taylorista, laddove le persone dovevano generalmente eseguire compiti semplici e ripetitivi, per cui le frequenti minacce e i rari premi e incentivi, oltre a un controllo costante, permettevano una maggiore efficienza.

L’economia della conoscenza, i lavori intellettuali e l’avvento dell’Industry 4.0 hanno reso il mondo Volatile, Incerto, Complesso ed Ambiguo dal punto di vista informativo e della predittività degli eventi. In un mercato in cui “non sappiamo cosa non sappiamo” una delle poche strade percorribili è quella della gestione della complessità (come, ad esempio, l’approccio PROBE-SENSE-RESPOND del modello Cynefin di Dave Snowden), attraverso un lavoro adattivo che procede in maniera scientifica per piccoli passi sperimentali e incrementali.

La prospettiva delle nuove generazioni e l’attualità pandemica e infodemica non fanno altro che accelerare ancora di più la necessità di ripensare profondamente e concretamente gli approcci al lavoro soprattutto verso i più giovani, che non ammettono più un approccio aziendale paternalistico, basato su “command & control” e mancanza di fiducia e trasparenza da parte del management.

A poco, a poco, la popolazione aziendale portatrice di una cultura organizzativa diversa da quella nata nella seconda rivoluzione industriale (e mai veramente evoluta) sarà la maggioranza e, inevitabilmente, l’azienda dovrà riformulare i suoi approcci.

La visione Agile della gestione delle persone in azienda può aprire strade da iniziare a percorrere per abilitare questo cambiamento organizzativo: ad esempio, il sistema di gestione delle performance dovrebbe radicalmente modificare il suo assetto. I risultati di performance non devono essere più connessi alla retribuzione (che deve avere la sua sostenibilità in termini di sicurezza psicologica, equità ed uso di criteri oggettivi) o ai premi come nei più classici degli MBO; sarebbe utile addirittura cambiare anche denominazione al processo in “improvement management/gestione del miglioramento”.

Una caratteristica distintiva di Millennials & Zed Gen, ormai comprovata da tempo, è che il feedback sulle prestazioni debba essere continuativo e non “una tantum” alla fine dell’anno fiscale.

La valutazione, di tipo aperto e non giudicante, può coinvolgere più persone che si relazionano con il singolo e non solo il suo team leader; è infatti da privilegiare la valutazione del gruppo di lavoro rispetto ai risultati ottenuti, seguendo i principi di trasparenza declinati negli OKR piuttosto che meccanismi premianti come il “Merit Money” o altre forme di “mi piace” che tutti i membri della comunità possono esprimere nel tempo, al fine di celebrare i successi, assicurare i riconoscimenti e stimolare una vera e propria “learning organization”.

Contemporaneamente, il sistema di compensation & benefit dovrebbe riguardare esclusivamente i bisogni primari di “sopravvivenza” e sicurezza psicologica. Come osservato in precedenza, oggi i lavori sono molto più complessi, creativi ed “euristici”, e per la maggioranza delle persone non servono se non in parte per soddisfare necessità stringenti. Quindi, soprattutto per i lavori con alta componente intellettuale più che manuale, l’approccio “bastone e carota” è più che deleterio, poiché soffoca la motivazione più importante: quella interna.

Il meccanismo retributivo dovrebbe essere percepito come giusto ed equo da tutti i lavoratori, a partire da una lista di criteri ritenuti importanti in maniera condivisa e che devono essere misurabili obiettivamente (sono da evitare gli aspetti soggettivi come il comportamento, il rendimento individuale e gli atteggiamenti).

Alcuni criteri possibili potrebbero riguardare il salario medio rispetto al ruolo, gli anni di esperienza/loyalty aziendale, il costo della vita in base alla residenza, la situazione familiare (un case study da esplorare, ad esempio è quello di Buffer: www.buffer.com/salary); una parte della formula può anche comprendere flexible benefit personalizzati e scelti dal dipendente.

Tutti gli altri meccanismi premianti devono indispensabilmente essere inglobati nel sistema di retrospettiva di team (se si lavora in modalità Agile) o individuati in base a degli OKR di gruppo: trasparenti a tutta l’azienda, definiti e monitorati nel tempo: l’ “awarding” non deve necessariamente includere aspetti monetari, ma può esserlo a patto che il compenso sia verso l’insieme delle persone e non al singolo, col fine di evitare anche gli aspetti nocivi di clima interno e del purpose aziendale, minati dalla competizione individuale o poco sana.

Per assicurare che il sistema sia percepito come giusto sarà necessario cambiarlo e migliorarlo in maniera incrementale nel tempo, ottenendo feedback continui dagli stakeholder interni.

Sembra impossibile immaginarlo, poiché i princìpi agilisti sono stati visti finora come una filosofia “hippie” della gestione organizzativa, o peggio una moda californiana, ma il percorso è iniziato è inevitabile, quasi quanto la rivoluzione digitale già in atto.

Per avvicinare, coinvolgere e trattenere i giovani (e i meno giovani) in azienda non conterà più solo l’approccio utilitaristico e monetario e le scadenze del finance, ma anche lo sguardo verso quello sociale e di “people & culture”.

Giulio Beronia

Giulio Beronia – Employee Inclusion & Branding Advisor

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