
Qualunque forza politica vincerà le elezioni non può che lavorare per accelerare il settore digitale, attraverso il PNRR , che prevede , oltre chiaramente alla missione 1, in tutte le 6 missioni una quota digitale , per un totale del 26,7% degli investimenti complessivi. Il PNRR è un’opportunità unica , su cui magari su potrà fare fine tuning, ma non da rimettere in discussione e stravolgere per non perdere il lavoro fatto finora da istituzioni e imprese pubbliche e private.
E non solo perché l’Italia mostra un un ritardo in termini di adozione delle nuove tecnologie e apertura all’innovazione , come dimostra l’ultimo rapporto DESI ( Digital Economy and Society Index un indice introdotto dalla Commissione Europea nel 2014 per misurare i progressi dei Paesi europei in termini di digitalizzazione dell’economia e della società, al fine di convergere verso un unico mercato digitale).
L’Italia non deve solo ridurre il gap verso gli altri paesi ma anche cogliere l’opportunità del digitale come abilitatore della sostenibilità ambientale e sociale.
Abbiamo parlato proprio in questa sede della convergenza tra transizione ecologica e digitale ( più che gemelle, coppia di fatto perché nate separate ma ormai indissolubili).
Il digitale è innanzitutto uno strumento di inclusione e giustizia sociale ( con la copertura delle aree svantaggiate si offre il c.d. diritto all’accesso a tutte le fasce di popolazione e territorio).
Il digitale è poi un formidabile strumento di monitoraggio ed uso consapevole dei consumi, delle rilevazioni in tempo reale ( pensiamo all’IoT alimentato dalla velocità e assenza di latenza del 5g) , della mobilità sostenibile.. etc.
Perché questo si avveri, occorre lavorare per eliminare ogni barriera che impedisce oggi di investire in tempi rapidi sulle infrastrutture digitali ed in particolare sulle reti 5G. Sebbene in questi mesi siano stati presi importanti provvedimenti da parte del Governo e del Parlamento per una rapida realizzazione delle reti di quinta generazione, esiste ancora un gap tra i provvedimenti emanati e l’implementazione delle normative di semplificazione da parte dei territori.
Altro elemento indispensabile per evitare ritardi è l’adeguamento dei limiti di emissioni elettromagnetiche agli standard europei (i cd “limiti CEM”).
I limiti CEM vigenti sono 100 volte più bassi per potenza rispetto a quelli in Francia, Germania, Spagna e UK determinano la necessità di molte nuove infrastrutture, con il conseguente significativo aumento delle emissioni di CO2 prodotte.
Infine si parla molto di formazione sul digitale, poiché le competenze digitali sono ancora carenti nel nostro paese: oltre la metà dei cittadini italiani non possiede competenze digitali di base, e solo il 23% è in possesso di competenze superiori a quelle di base. Inoltre, sono pochissimi i laureati italiani nel settore ITC, appena l’1,4%, rispetto alla media europea che raggiunge quasi il 4%. Quindi bene vengano fondi e programmi sull’accrescimento di tali competenze.
Va implementata però altresì un programma di educazione all’uso consapevole del digitale , soprattutto per i giovani, per evitare fenomeni di dipendenza , di bulimia di dati, di cyberbullismo etc… ( mi viene in mente il programma Neo connessi di Windtre che educa in tal senso) ma anche ai fini del contenimento dei consumi energetici , visto che ci stiamo dando delle regole di contenimento dell’acqua, della luce, dell’aria condizionata.. e perché no, anche del digitale, almeno per i giovani.