In questi giorni circola un meme che recita:

Chi ha guidato la trasformazione digitale della vostra azienda ?
• CEO
• CIO
• CTO
• Covid-19

In realtà c’è poco da ridere, il lockdown imposto per limitare i contagi da COVID-19 non ha fatto altro che portare alla luce un fenomeno già evidente nelle statistiche Europee. L’Italia paga ancora un gap significativo verso le economie nord europee (e non solo) in termini di digitalizzazione.
Un gap che facciamo ancora fatica a colmare come evidenziato anche nell’ultimo ranking DESI 2019 (Indice di digitalizzazione delle economia e della società) dove l’italia, nonostante i progressi registrati anno su anno, si piazza ancora al posto 24 su 28 tra i paesi dell’Unione Europea (peggio di noi solo Polonia, Grecia, Romania e Bulgaria), posizione impensabile per un paese con il la seconda capacità manifatturiera in Europa ed una delle prime 10 economie a livello mondiale.

Mentre sulle infrastrutture di accesso e sui servizi pubblici disponibili abbiamo fatto un balzo in avanti significativo, il fattore che più limita la crescita del nostro paese in ambito digitale è quello umano; siamo infatti nelle ultimissime posizioni sia quando si parla di abitudine all’utilizzo di
servizi digitali sia in termini di competenze disponibili nel nostro paese.
Questi due fattori fino ad oggi ci hanno frenato da una parte limitando la domanda, dall’altra per la mancanza di una guida, consapevole e diffusa nel tessuto economico, nel processo di trasformazione verso l’economia digitale.

Da un certo punto di vista la pandemia ed il lockdown che ne è seguito hanno dato un bello shock al nostro sistema; in poco tempo ci siamo attrezzati per lo smart working (chi meglio e chi peggio), la distanza ed i mezzi tecnologici ci hanno costretto a ripensare riunioni, processi, procedure etc. I servizi di delivery ed e-commerce hanno avuto un significativo impulso di crescita in termini di adozione sia da parte delle aziende che da parte degli utenti finali. Ma sarà sufficiente?

Purtroppo no, abbiamo solo scalfito la punta dell’iceberg; gli interventi messi in campo dalle aziende italiane hanno più il sapore di una reazione allo stato di emergenza se si considera che fino a poco tempo fa solo il 14% di esse dichiarava di avere uno stato avanzato di digitalizzazione e solo il 12% di avere un piano di sviluppo di skill digitali. Se volessimo poi provare a misurare qualcosa di più avanzato e sapere ad esempio quante di esse oggi adottano sistemi di Business Intelligence le percentuali scendono ancora drammaticamente. La situazione deteriora ulteriormente con la dimensione delle aziende, più sono piccole e più scende la propensione al digitale.

La soluzione per chiudere questo gap sistemico non consiste
esclusivamente nell’acquisto di soluzioni o piattaforme tecnologiche, ma anche e sopratutto nell’inserimento di nuove competenze in azienda.
Quella delle competenze tuttavia è la parte del problema più complessa da risolvere; è strutturale e di non rapida risoluzione perché richiede formazione sul personale e interventi sul sistema scolastico/ accademico.
Cosa possono fare allora le aziende?

Prima di tutto affrontare il problema in modo strutturale non farsi sedurre dalla soluzione più facile e a portata di mano. Al di la delle lacune evidenti che vanno risolte velocemente, bisogna essere consapevoli che ogni industry ed ogni azienda ha le sue peculiarità e per mettere in campo una trasformazione efficace bisogna identificare ed analizzare i processi chiave e comprendere come questi possano essere migliorati, snelliti, velocizzati o resi più efficienti; idealmente si potrebbe arrivare a sconvolgere totalmente una catena del valore o un servizio.

Accedere alle competenze sul mercato, che seppur scarse ci sono. Se non si possono portare in azienda con un’assunzione si possono reperire ed acquistare come servizio e fare in modo che affianchino e supportino
anche la crescita delle risorse in struttura
.

Partire con uno scope ampio: se non avete gli strumenti in azienda per capire quale direzione prendere non andatevi a chiudere in un angolo con un iper-specialista, fatevi dare un supporto esterno per selezionare i partner più adatti.

La contaminazione in questo caso è un bene! Non tutte le industry sono allo stesso livello di maturità (e come abbiamo visto non tutti i paesi), riuscire ad attrarre in azienda talenti da altri settori o da altri paesi può portare un impatto immediato. Soluzioni adottate in contesti diversi possono essere mutuate rapidamente e dare risultati anche nel breve termine.

Non pensare al Digital come una funzione/ entità aziendale a sé. Perché sia efficace una funzione Digital deve comprendere le dinamiche aziendali e del business, e la sua cultura permeare tutti i livelli dell’organizzazione. Un
buon metodo può essere quello di partire con team multi disciplinari e multi funzione che aiutino ad identificare le soluzioni veramente rilevanti per una azienda/ business e a farle calare più velocemente nell’organizzazione.

Il Digital può essere davvero un acceleratore della ripartenza; da solo non basta servono coraggio, lungimiranza e inventiva e quella a noi italiani non manca di certo.

Fonti: European Commission, EY Digital Manufacturing Maturity Index 2019.