E’ passato quasi un anno da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca.

E oggi, guardando ai fatti – non alle opinioni – possiamo iniziare a trarre delle conclusioni.

La più evidente? Il clima ha perso. E anche l’Europa rischia di pagarne il prezzo.

Trump non ha perso tempo. Appena prestato giuramento ha:

  • annullato la partecipazione degli Stati Uniti all’Accordo di Parigi per la seconda volta;
  • smantellato regolamenti ambientali introdotti durante l’amministrazione Biden;
  • favorito l’industria fossile con nuovi permessi per estrazione e trivellazioni, anche in aree protette;
  • tagliato fondi a EPA (l’agenzia americana per la protezione dell’ambiente) e ostacolato le iniziative sulle rinnovabili.

Il messaggio è stato chiaro fin da subito: l’ambiente non è una priorità. Il cambiamento climatico, per questa amministrazione, non esiste o non è problema.

Molti pensano che una scelta politica interna agli USA non abbia effetti diretti su di noi. Ma la realtà è diversa.

Il cambiamento climatico non ha confini. E nemmeno l’economia.

  1. Effetto domino internazionale:
    Quando la prima potenza mondiale si tira indietro, anche altri Paesi si sentono giustificati a rallentare. Le COP diventano più deboli, le trattative meno efficaci.
  2. Concorrenza ambientale sleale:
    Le aziende europee investono nella transizione ecologica. Quelle americane, ora, possono permettersi di non farlo. Un dumping climatico che penalizza chi fa innovazione pulita.
  3. Rischio per gli accordi transatlantici:
    L’alleanza UE-USA rischia di incrinarsi proprio sul terreno della sostenibilità. Un fronte che dovrebbe essere comune, ma che oggi si è spezzato.

Non possiamo più fare affidamento sugli Stati Uniti come partner climatici. È amaro, ma è così.

Serve un’Europa:

  • più autonoma energeticamente, puntando davvero su rinnovabili, idrogeno, efficienza;
  • più protettiva verso la propria industria verde, anche con strumenti come il CBAM (meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere);
  • più diplomatica, per stringere nuove alleanze climatiche con chi è disposto ad agire.

Quando si parla di clima, il tempo è la vera valuta.

E meno di un anno di Trump è già costato troppo. Non possiamo permetterci altri anni di immobilismo, né in Europa, né altrove.

Se vogliamo difendere il nostro modello, la nostra economia e – soprattutto – il nostro futuro, serve una voce forte. Coerente. E soprattutto autonoma.

Perché la leadership climatica oggi non si eredita: si costruisce.

Noi di JOIN Group Società Benefit crediamo in un modello di business equo, sostenibile e rigenerativo in cu la sostenibilità non è un vincolo, ma piuttosto una leva strategica per creare valore duraturo, per le persone, per le imprese e per il pianeta e pertanto invitiamo imprese, professionisti, cittadini e istituzioni a rilanciare la promozione di un modello di crescita che rispetti i limiti ecologici e rigeneri i territori, creando un impatto positivo oggi, per dare un futuro alle generazioni di domani.