
Lo scorso 13 dicembre si è conclusa la COP 28, tardando di solo un giorno la data di termine prevista. Conferenza iniziata con diverse perplessità, che sono state poi eliminate dall’accordo raggiunto per l’eliminazione dei combustibili fossili e il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2050.
Per comprendere meglio quali sono i risultati raggiunti da questa COP bisogna focalizzarsi su due aspetti. Le “parole” e i “fatti”.
L’obiettivo che 120 Paesi delle Nazioni Unite si aspettavano di raggiungere era il cosiddetto “phase-out”, ovvero, eliminazione totale dei combustibili fossili. L’accordo raggiunto, invece, è stato il cosiddetto “transitioning away” traducibile con fuoriuscita progressiva dalle fonti fossili. Seppur non sembri che le aspettative iniziali siano state rispettate, l’accordo è da considerare un importante risultato per due motivi: innanzitutto perché rappresenta il primo accordo sottoscritto da tutti i Paesi per un’eliminazione delle fonti fossili e in secondo luogo perché, come conferma il commissario europeo per “l’Azione per il clima” Wopke Hoekstra, in sostanza non vi è differenza tra i due termini.
Tuttavia, restano alcune perplessità su alcuni punti del documento sottoscritto il 13 dicembre. Ad esempio torna, come anche per la COP 26, la graduale uscita dall’utilizzo del carbone per produrre energia. In altri punti si fa invece riferimento al continuo utilizzo dei combustibili e alle tecnologie di stoccaggio della CO2 (attualmente ancora non ben sviluppate), da alcuni viste come una giustificazione per continuare ad utilizzare i combustibili fossili.
Queste ultime sono quindi le “parole”, ora resta da comprendere i “fatti”. Quel che emerge è che restano molti dubbi sulla concretezza delle azioni perché come indicato nello stesso documento sottoscritto alla COP 28 i dati sulla mitigazione al cambiamento climatico non sono per niente rassicuranti. Infatti, che si parli di “phase-out” o di “transitioning away” quel che è certo è che l’80% dell’energia mondiale è prodotta da combustibili fossili. Inoltre, gli sforzi previsti non basterebbero a rispettare l’Accordo di Parigi. La riduzione delle emissioni prevista al 2030 è solo del 2% rispetto al 2019, mentre la scienza ci dice che per mantenere un aumento della temperatura tra gli 1,5° e i 2°C, sarebbe necessario ridurle del 43%, senza tralasciare che il trend previsto ci porta verso un aumento della CO2 del 14% percento in più fino al 2030.
Quello che quindi ci auguriamo per la prossima COP prevista a Baku per il 2024 è che piuttosto che focalizzarsi sulle parole sarebbe meglio dare un’occhiata ai fatti.